ATTENZIONE: la seguente sezione contiene contenuti ironici e sarcastici, la pubblichiamo sicuri che saprete apprezzare l'ironia contenuta!
Finalmente ho raccolto le idee e quindi scrivo il resoconto della giornata. Come? Avrei dovuto muovermi prima? A parte apprezzare la forma verbale ("avrei dovuto" e non il banale "dovevo"), leggendo capirete che riprendersi dalla giornata non e' stato semplice. E il mio psicanalista ringrazia (300 euro a visita). Cominciamo con il caffè al bar che, non bevendo caffè, non ho preso. Mi sono presentato puntuale, in anticipo sul mio solito ritardo. Cioè i tavoli, quando arrivo, sono gia' montati. Malakai, Mr. Head ed Egon sono gia' al lavoro, i primi due a montar giochi, il terzo a gonfiare palloncini con la squadra di collaboratori più seri. Per compensare il ritardo (lo psicanalista mi ha spiegato che ho un gran senso di colpa) e per montare comodamente la pista di Pitch Car, decido di fare un salto a casa a prendere un tavolo da giardino più grandino (il tavolo, non il giardino). Prendo a prestito l'auto di Mister Head, prelevo il tavolo, ritorno. Il tutto molto velocemente e tronfio tronfio (eeeeh, come e' essenziale il mio tavolo per la giornata) comincio a montare Pitch car. Come Egon vede il tavolo, mi si avvicina e con un bel sorriso pieno di gratitudine mi dice: "Qui dietro, in oratorio, ne abbiamo altri". Mentre raccolgo l'orgoglio sparso tra i sanpietrini di Piazza della Chiesa, qualche passante comincia ad avvicinarsi. In mattinata, in realtà, non abbiamo avuto molti "clienti", ma pian piano qualcuno è arrivato. Il leit motiv della giornata è stato il vento. Tutti abbiamo temuto anche la pioggia, ma capitan Egon non ha mai avuto il minimo dubbio circa la tenuta del tempo. Ha avuto ragione e infatti abbiamo solo dovuto zavorrare i due gazebo. Non avendo a portata di mano pesi di piombo o paletti da campeggio (no, a casa non ne ho, odio il campeggio), inizialmente abbiamo chiesto a tre bambini che stavano giocando a Pitch Car di darci una mano. Li abbiamo quindi appesi al lato comune dei due gazebo e ai due lati paralleli a questo. No, non per il collo (per quanto in certi momenti il pensiero mi abbia insistentemente sfiorato, come vedrete più avanti); semplicemente si sono appesi con le manine come uno scalatore. Assicurate le sedie alle gambe dei gazebo con dello scotch, abbiamo congedato i bambini zavorra, che prontamente sono tornati a giocare. Questi tre bambini, sugli otto-dieci anni, ometti direi, ci sono stati di grande aiuto e, nella scarsa affluenza mattutina, anche di compagnia. Direi che sono anche stati dei giocatori interessanti. Bravi. Verso l'una spuntano i genitori, che, seriamente come solo i genitori sanno fare, ci dicono: "Uuuuh, che bravi, vi avranno fatto impazzire, grazie per averli intrattenuti". Attendo quindi la donazione, cinque secondi, dieci secondi, venti minuti: no, niente donazione. Pazienza. Abbiamo pranzato con panini del bar di sinistra, spalle al duomo; gentili (i gestori, non i panini). Calma piatta fino alle 16:00, nonostante non facesse un caldo eccessivo. Dopodiché l'apocalisse. Si gioca a ritmo continuo. I giocatori sono molto piccoli, dai sei anni a massimo undici: l'impegno e' davvero notevole. Unica eccezione una giovine tredicenne che passa tutto il pomeriggio con noi; giustamente si annoia un po' a giuocar con i pargoletti, ma non si perde d'animo, un po' disegnando, un po' inducendomi a giocare al gioco dei gesti. In tre giocatori non è banale animarlo, ma alla fine non viene male. Sadicamente, come punizione nel gioco, mi fa fare tre giri di corsa intorno ai gazebo: erano anni che non correvo; ne sarà fiero il mio prof. di ginnastica. Grande plauso al papà di questa giovine, che insieme al di lei fratello è rimasto tutto il giorno; forse anche perché gli abbiamo dato una sedia, ma comunque è rimasto. I piccoli giocatori alle prese con in versi degli animali di Snorta
Dite che son polemico? Ioooooooo? Ma noooooooo. Nel frattempo il tavolo di Pitch Car vede gare fino a otto giocatori, con Mister Head che con le sue lunghe braccia riesce a domare i piccoli piloti. Indubbiamente la civiltà avanza: quest'anno non abbiamo avuto marmocchi spalmanti gelato sulla pista. No, non temete: adesso arriva la parte polemica. Essendo noi li' per animare, non per baby-sitterare, ecco il bonus purgatorio dell'anno. Bimbo di tre anni. In piedi arriva con il collo a lambire il bordo del tavolo. Ciononostante pretende di giocare a Villa paletti. Amoooooooore. Intanto sto animando la partita del gioco dei gesti. Non noto che il marmocchio treenne, che ovviamente non comprende la dinamica del gioco, tutto da solo prova comunque semplicemente a porre in piedi i paletti sulla base. Come dicevo il pargolo è piccolo e ogni volta che appoggia un pezzo, poi col braccio tocca il tavolo; la vibrazione fa cadere il pezzo. Ora, il pargolo, oltre che piccolo, è pure iracondo. Tremendamente iracondo. Ricordo al lettore che nessun animatore aveva notato il piccolo isterico, essendo tutti occupati ad animare altri giochi. No, non siamo irresponsabili; il punto è che non siamo un baby-parking, quindi i genitori DEVONO restare vicino alla propria adorata progenie. A un certo punto sento un toc-toc sulla spalla destra: "Senthi ciovane, vethi cu'u figghiolu ciangi, thagli retta che' tha solo nun s'addiverthe" (il th è una T con emissione di fiato). Traduco: "Ascolta oh giovine, avvediti che il pargolo lacrima, dai lui guida poiché singolarmente non trova soddisfazione". E' la nonna, assimilabile alla madre del megadirettore galattico, quindi santa donna, che finalmente, elevate le proprie membra da una delle panchine della piazza, reclama animazione per l'amato bene. Inizia quindi una paziente opera psicanalitico-infantile per indurre il gioiellino a non far tremare il tavolo posando i pilastri di Villa paletti. Alla fine il virgulto comprende e, ale-a-o ale-o-o, non piange più e non percuote se stesso e il tavolo con isterici pugni, tanto autolesionisti quanto eterolesionisti. Sommo godimento per il mio ego dilatato, la tredicenne di cui sopra mi ricompensa con un sincero: "Certo che ne hai di pazienza". Millantando una saggezza che non mi e' propria, rispondo: "Be', un giorno all'anno si può fare; i genitori che lo fanno sempre, loro sì che devono avere tanta pazienza". In cuor mio, come il lettore avrà intuito, in realtà ho pensato: "Brutto genitore degenere, non solo lo lasci sempre alla nonna anziana e stanca, ma ora lo appioppi al primo sconosciuto animatore, tze tze!!" Intanto è un turbinio di palloncini, un prestigiatore simpatico fa giochi con le carte, la sorella di Egon si cimenta con agonismo a Pitch Car, le due ragazze di "Aiutare i bambini" ed io scambiamo idee su ridenti località siciliane per un giro turistico. A un certo punto, l'evento della giornata. Inizialmente una signora con pargoli si avvicina allo stand e mette le mani avanti: "Io ho già votato". Rispondo che non siamo un banchetto per la propaganda politica (anche perché nella domenica del voto è un tantino illegale); gentilmente fa un'offerta. Ormai però la pietra è stata lanciata e qualcuno dei genitori/zii/nonni comincia a parlar di politica. Mai, dico mai, potremo dimenticare una simpaticissima signora dall'infinita energia. Forse ha peccato un po' di antipolitica, specialmente esternando la sua intenzione di stendere un filo da parte a parte della piazza a cui appendere rappresentanti politici vari e qualcuno in particolare; no, non impiccandoli o per i piedi: la signora ha tenuto a precisare dell'ipotetico uso di ganci a S da macellaio. Vi assicuro però che a me è sembrata una persona inoffensiva, solo un po' vivace e colorita nelle espressioni, suvvia. Costruzioni dall'inusuale architettura grazie a Villa Paletti
Nel frattempo, il fanciullino, già isterico ora irreprensibile, comincia a mettere a posto i paletti nella scatola. Come il lettore sa certamente, i paletti sono venti, in quattro gruppi di quattro colori. Il bambino con precisione matematica li ripone per colore, cioè a gruppi di cinque. Aaaaargh: ci sono solo tre paletti rossi. Il bambino rida' segni di squilibrio; e io non è che sia così tranquillo. Guardiamo insieme sotto i tavoli, nelle altre scatole, su tutti i tavoli, niente. Il bambino è visibilmente sconcertato, io più che altro adirato con me stesso per il fallito controllo (i genitori conversano amabilmente sulla panchina, sguardo rivolto ovunque tranne che verso il bambino). Cerca che ti ricerca, eureka: tasca sinistra dei pantaloncini del piccolo già isterico, momentaneamente irreprensibile, ora e per sempre cleptomane; da quella tasca fan capolino i due paletti rossi, per appena qualche millimetro, come a chiedere soccorso. Risolto. La giornata si conclude serenamente, con qualche idea per il prossimo anno per migliorare l'impegno, tipo fare un orario del tipo 10:00-13:00 16:00-20:00, considerato che nell'intervallo non abbiamo avuto alcun visitatore. Ma no, cosa ti combina Egon? Dona un palloncino, poi due, poi tre. Si sparge la voce di una donazione massiva di palloncini a Chivasso. Pulmann da tutta Italia arrivano in piazza, sento anche qualche lingua straniera. Egon e un suo amico dedito allo smontaggio vengono prmai cronometrati per il Guinness del gonfiaggio di palloncini. Alla fine, stremati, si arrendono: i palloncini sono finiti. Ok, smontiamo e andiamo. Solo una cosa mi rattrista. Anzi, in realtà sono due, ma per decenza ne dico solo una. A un certo punto, nel pomeriggio, Egon ha pensato bene di raccontarci questa storiella: il commissario chiede alla tartaruga appena scippata "Mi dica, mi dica, come si sono svolti i fatti?" "Ma, non saprei, è successo tutto così velocemente!". Per la seconda storiella, ricolgetevi direttamente a Egon; io proprio non ce la faccio. Grazie a tutti per la collaborazione, al prossimo anno. A cura di Milo Greenbottle.
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